Industrializzazione e spostamenti di massa

L’Italia è un paese di migranti. Gli italiani non sono stati protagonisti solo delle traversate transoceaniche, ma anche di una diaspora nel continente europeo.

Ancora oggi, le comunità di italiani all’estero sono molte e numerose. Ma anche le migrazioni interne e la mobilità sul territorio hanno avuto un ruolo rilevante nella storia italiana. Tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta, mentre il paese iniziava a riprendersi dalla crisi grazie ai processi di urbanizzazione e industrializzazione, moltissimi si spostarono verso il vecchio triangolo industriale, nelle città di Torino, Milano e Genova. A partire erano principalmente persone del Sud Italia, ma c’era anche una seconda direttrice che andava dal Nord-Est verso il Nord-Ovest.

Le rilevazioni più recenti

Per quanto le destinazioni, le modalità, i livelli di istruzione dei coinvolti, e l’ampiezza del fenomeno siano stati soggetti a continue trasformazioni, la migrazione verso il Nord non si fermò con la fine degli anni Settanta. Tra il 2012 e il 2021, circa 1 milione e 138 mila si sono spostati dal Sud e dalle Isole verso il Centro-Nord. La maggior parte sono giovani in cerca di opportunità. Nel 2020, le misure di contrasto alla diffusione della pandemia hanno limitato molto la mobilità sul territorio, che ha registrato dei cali significativi. Tuttavia, si è trattato di un arresto solo momentaneo. Le ultime rilevazioni pubblicate nel report migrazioni dell’ISTAT, infatti, mostrano incrementi nelle migrazioni estere e interne.

Il dualismo economico

Anche se l’odierna migrazione dal Sud non è comparabile con gli spostamenti di massa dovuti alla crescita industriale, le conseguenze furono immediate e lasciarono un segno visibile ancora oggi. Lo spopolamento delle campagne e l’impoverimento delle risorse di diverse regioni hanno avuto effetti significativi, portando gli studiosi a parlare di uno sviluppo economico di tipo dualistico. Carmen Vita ha illustrato tale fenomeno nel libro Il dualismo economico in Italia. La teoria e il dibattito (1950-1970). Il rischio di un simile processo consiste nell’inasprimento delle disuguaglianze e di sostanziali disparità in termini di opportunità e di risorse del territorio.

Il ‘pendolarismo’ sociale

Il fenomeno delle migrazioni interne è anche strettamente legato alla crescita vertiginosa nel tasso di urbanizzazione. Le campagne e i tempi di lavoro caratteristici dell’agricoltura hanno risentito fortemente dell’impatto del modello globale capitalistico, che ha portato in molti casi a processi di disgregazione sociale e di perdita delle tradizioni. In risposta alla mobilità vorticosa dei nuovi ritmi sociali, nel corso degli anni Settanta e Ottanta ha avuto luogo una spinta di riproposizione e reinvenzione delle tradizioni. Secondo gli studi di Gian Luigi Bravo, i soggetti più propensi a farsi agenti sociali attivi in tale processo sono i ‘pendolari’, ovvero le persone che si spostano in tempi sociali diversi: dal tempo ciclico delle stagioni che regola la vita del contadino, a quello incrementale della produzione nelle città industriali. E’ recuperando le proprie radici che, anche in un orizzonte disorientante e in continuo mutamento, il viaggio può continuare.

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