L’emigrazione verso gli Stati Uniti da parte degli italiani si intensificò a fine Ottocento.

L’emigrazione verso gli Stati Uniti da parte degli italiani si intensificò a fine Ottocento. A partire dagli anni Ottanta, infatti, aumentarono le rotte dall’Italia verso il Nord America, mentre prima gli emigrati avevano raggiunto principalmente Brasile e Argentina. Tuttavia, i flussi migratori erano presenti già da inizio secolo. Negli anni Quaranta dell’Ottocento, in particolare, ci fu un considerevole incremento nel movimento migratorio, non solo da paesi europei: molti erano tedeschi, cinesi, e soprattutto, a seguito della nota crisi del 1844, irlandesi. 

Le leghe nativiste

La presenza di un grande afflusso di stranieri portò alla costituzione di leghe nativiste e xenofobe, tra cui il Native American Party (1845), l’Order of the Star Spangled Banner (1850), e l’American Protective Association (1887). Nel contesto della società americana protestante, si diffusero istanze anticattoliche e preoccupazioni riguardo la degenerazione della ‘razza’ causata dagli stranieri. Un concitato dibattito politico continuò per diversi anni. 

La convenzione di Philadelphia del 1845

Il 4 luglio 1845 fu istituita una convenzione a Philadelphia “for the purpose of devising a plan of concerted political action in defence of American institutions against the encroachments of foreign influence”. Dall’Address of the delegates of the Native American national convention, si leggono alcuni interventi che esprimono tutta la paura di fronte al crescente numero di stranieri sul territorio. Gli immigrati sono considerati come criminali, inoperosi, o recanti malattie pericolose. 

“The alms houses of Europe are emptied upon our coast […]. The United States are rapidly becoming the lazar-house and penal colony of Europe; nor can we reasonably censure such proceedings; They are legitimate consequences of our own unlimited benevolence”.

[Watch out, Uncle Sam. The rats are getting off the boat. A lawless dump: the daily invasion of new immigrants directly from the skidrows of Europe]

La Gilded Age (1870/1901)

Anche durante il periodo di maggior prosperità, la xenofobia sussiste. I coloni di più antico insediamento, infatti, assumevano atteggiamenti discriminatori nei confronti dei nuovi immigrati. In WOP! A Documentary History of Anti-Italian Discrimination in the United States (1973), LaGumina ha indagato la discriminazione rivolta, nello specifico, contro gli italiani, i quali erano stereotipizzati molto negativamente. Nel testo l’autore ha raccolto diversi articoli tratti dai giornali che circolavano in questo periodo. Dal New York Times, ad esempio, si legge “Italians of the lower order have always distinguished themselves as beggars. They seem to beg , many of them, for the pleasure of begging […]. Italy, especially the southern part, seems to be a nation of mendicants”. (6 Novembre 1879). In The Dangerous Classes of New York (1872), invece, Charles Brace descrive le condizioni di sporcizia nelle quali vivevano gli immigrati italiani, la case stipate da persone e animali, le donne impegnate a impastare nonostante gli ambienti insalubri, concludendo che: “They were, without exception, the dirtiest population I had met with”. (pp 194-195). 

Gli inizi del nuovo secolo: la commissione Dillingham 

All’inizio del Novecento il dibattito non si era ancora risolto. Si assisteva, anzi, a una crescente tensione politica intorno al tema della migrazione, con i flussi migratori in continua espansione. Nel 1907, il Congresso degli Stati Uniti e il presidente Theodore Roosevelt istituirono la Commissione Dillingham. Il compito della Commissione era studiare il fenomeno da un punto di vista politico, economico e sociale. L’obiettivo del governo era di trovare un compromesso tra gli oppositori dell’immigrazione e chi al contrario voleva tenere i confini  e i porti aperti. 

Reports of the Immigration Commission 

Nel 1911, la Commissione pubblicò i risultati della propria inchiesta in uno studio in 41 volumi. L’opera dimostrava l’importanza dell’immigrazione per la capacità di produzione e per l’economia statunitense. Ad ogni modo, gli stereotipi razzisti e discriminatori non mancavano. Tanto che, tra i volumi, venne pubblicato anche un Dictionary of races or peoples, in cui veniva descritta tra le altre la ‘razza’ italiana. L’accusa principale rivolta agli italiani, oltre a quella della criminalità, era di costituire una componente migratoria temporanea e non stabile, faticando di conseguenza ad assimilare i modi e costumi americani e ad apprendere la lingua. In seguito alla pubblicazione dei Reports, il governo statunitense impose alcune restrizioni per i migranti. Tra le più significative, fu stabilita una legge che vietava agli analfabeti di stabilirsi in America. Questo colpì in particolar modo gli italiani.

E oggi?

A seguito di tali restrizioni, i flussi dall’Italia verso l’America diminuirono, fino a fermarsi quasi del tutto con lo scoppio della prima guerra mondiale. Nel secondo dopoguerra, le rotte migratorie principali a partire dall’Italia volsero soprattutto verso la Francia, la Germania, la Svizzera e la Gran Bretagna. Anche oggi, i principali espatri dall’Italia riguardano l’Europa, ma tra i paesi esteri gli USA detengono una sostanziale maggioranza.

 

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